Non possiamo dimenticare l’agonismo sano e sportivo tra due imponenti ciclisti come Coppi e Bartali, ma le loro imprese sportive sono nulla a confronto dell’impresa umana del toscano Ginettaccio.
[...] Bartali ha saputo portare a termine, grazie al suo spirito di condivisione e alla sua generosità, un atto eroico con cui ha salvato circa 800 vite umane. Eravamo in Italia negli anni bui delle leggi razziali tra il 1938 e il 1944 e oltre alle scalate sulle Alpi o il giro d’Italia il giovane Bartali si sentiva impegnato ad aiutare gli ebrei che volevano fuggire dal regime fascista. Aveva escogitato un espediente intelligente tuttavia pericoloso: nascondeva i documenti necessari alla fuga dentro la canna della bicicletta. I documenti viaggiavano con lui, tra la Toscana e l’Umbria, e il ciclista sfidava senza ostentazione i tedeschi. Afferma l’autore Antonio Ferrara: “ Aumenta il pressing negativo degli adulti sugli adolescenti perché i libri siano funzionali allo studio, oppure abbiano peso solo in opposizione agli strumenti tecnologici. Una storia invece è sempre desiderata dai ragazzi, per ritrovare le emozioni che vivono ogni giorno.” La trama traccia la vicenda di amicizia e rivalità dei due sportivi, vi intreccia la passione degli Italiani per il ciclismo, riesce a far ridere e a commuovere. Non c’è enfasi in questa specie di autobiografia schietta e senza intenti divulgativi: si apprezza la microstoria e si svela la macrostoria. Il ritratto che Ferrara dipinge con la sua sicura vena narrativa ci rende un Bartali campione sportivo ma imbranato con le ragazze, spensierato e a volte grottesco pur vivendo nell’intimo la drammaticità della vita degli ebrei. Per il suo coraggio e la sua coerenza è stato nominato “giusto tra le nazioni”:questo riconoscimento viene attribuito ai non-ebrei che hanno rischiato la vita per salvare quella anche di un solo ebreo durante le persecuzioni naziste.