Pascoli segna l'inizio della poesia del Novecento.
[...] Questo volume ne ripropone l'intera produzione, a partire dalle opere giovanili, quelle Myricae dominate dalla poetica delle "piccole cose", fino ai Carmina in latino (qui presentati con il testo a fronte); si attraversano così i Primi poemetti e i Canti di Castelvecchio, in cui la tranquillità della vita agreste viene turbata da inquietudini metafisiche e dalle riflessioni sul dolore e sulla morte, i Poemi conviviali, e poi Nuovi poemetti, Odi e inni, Poemi italici, Canzoni di re Enzio e Poemi del Risorgimento, in cui prevalgono temi civili e politici. La poesia pascoliana non è creazione letteraria, ma scoperta, intuizione di ciò che di positivo o di negativo già esiste nel reale, è la sensibilità spogliata di ogni sovrastruttura culturale, è immediatezza gioiosa o angosciosa. È ascoltare la voce delle cose e riconsegnarla al mondo nella sua purezza, è seguire e accompagnare il corso della memoria. A rappresentare la realtà nella maniera più fedele e autentica c'è un linguaggio nuovo, di una dirompente modernità, che apre le porte a ogni successiva innovazione stilistica e formale.