Addis Meleti scrive un libro per molti versi affascinante, in primo luogo perché la parola vi viene assunta come deposito della memoria e della cultura, delle tradizioni e del folclore degli uomini e delle donne della Romagna che per suo mezzo scoprirono e rappresentarono il mondo.
[...] Così, quasi ogni lemma si fa occasione per recuperare storie, aneddoti e usanze, offrendoci una densa rappresentazione delle nostre province: uno scrigno, dunque, di cultura e di storia. L'autore è del tutto consapevole che dietro le parole ci sono le cose o, meglio, generazioni di uomini, i cui sentimenti, schemi mentali e comportamenti si sono come condensati nel linguaggio e nel suo seno conservati per forza propria. In questo orizzonte, Meleti rivela non solo una consapevolezza lucidissima della lingua, delle sue profondità e delle sue vibrazioni, ma anche dà conto di una fitta trama di rapporti tra l'idioma dei romagnoli e la lingua latina, quella di Plauto soprattutto, spesso sorprendendoci con etimologie davvero stupefacenti: una analisi nella quale vengono utilizzati strumenti e conoscenze di grande finezza, segno di una cultura linguistica di particolare ampiezza e profondità.