Si prenda un regista, notevolmente famoso, vuoi per la sua opera, vuoi per l'intensità delle sue immagini, vuoi per il suo linguaggio onirico/surreale. Tra tutti, due film, a distanza di quindici anni - Otto e mezzo e La città delle donne -, propongono lo stesso protagonista, con lo stesso soprannome, Snaporaz, e con lo stesso vestitino da collegiale, preso adibattersi tra le stesse angosce.
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E, pure, tra Otto e mezzo e La città delle donne si intuisce una trasformazione, difficile da tradurre in parole. Come districarsi in questo labirinto di facce ed emozioni?
È a partire da questa premessa, che ha inizio il «gioco» dell'Autrice, psicologa e psicoterapeuta, il gioco di vedere nell'opera di Fellini una sorta di auto-analisi, concessa all'artista, che, attraverso la sua opera, ha modo di esprimere i contenuti che abitano più a fondo in lui, di elaborarli, di svilupparli, un gioco in cui Roberta Cini si fa «invisibile e silenziosa analista» di Fellini, aggirandosi tra i film/sogni del Maestro per cercarvi punti di contatto, significati, rivelazioni, evoluzioni, mutamenti.
Il fine del gioco? Saperne di più, sapere Fellini, e con lui noi stessi.