Dopo "Il pianista di Yarmouk", Aeham Ahmad torna a raccontare la sua Siria attraverso le storie di chi non è potuto fuggire, o è voluto rimanere. Uno sguardo poetico sulle vite degli altri, così lontane eppure così simili alle nostre. "La corsa di oggi mi dimostra con efficacia e una volta di più quanto talvolta sia varia la vita della gente di Damasco.
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Da un lato ci sono interi quartieri in cui non sembra che sia cambiato molto. La gente conduce una vita bella e normale. All'apparenza tutto segue il suo corso abituale. Dall'altro, in alcuni casi solo poche centinaia di metri più avanti, la guerra ha imperversato in modo terribile e lasciato deserti al posto di strade e case. In questi quartieri distrutti regna spesso la fame e un'indicibile miseria. E qua e là mi capita di incontrare tanti ragazzi di strada che stentano a sopravvivere. Li ho chiamati 'i senza nome'. Non si riesce quasi a credere che tali enormi differenze siano così vicine le une alle altre. Ma io le vedo quasi ogni giorno."