Il concetto di “gender” appare onnipresente nel dibattito pubblico: dalla polemica sull'equità tra uomini e donne nell'ambito lavorativo, a quella riguardante la riassegnazione di genere, alle problematiche etiche e mediatiche della cosiddetta “ideologia di genere”.
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L'autrice sposta il focus oltre queste riflessioni tradizionali, interrogandosi su come il fatto del “gender” metta in discussione l'impostazione stessa della questione nei suoi punti di vista: antropologico-morale, simbolico-sociale e normativo. Approfondire i modi del “gender” dal loro interno, dando voce a casi specifici e facendo luce su diverse tipologie di discriminazione difficilmente esplorate (la violenza di genere, l'esperienza dell'intersessualità, la disabilità nell'immaginario collettivo, la censura del morire) significa sottrarre alla marginalità l'essere umano come persona la cui vulnerabilità ha una pregnanza etica. Essere vulnerabili, sentirsi rimossi dal teatro sociale o esclusi dalla pienezza dell'essere, in quest'ottica, da carenza o deficit bisognoso di normativa assurge a chiave di accesso dell'etica applicata e della nostra stessa comprensione del mondo e delle sue regole.