Mito e simbolo dell'irredentismo, la città di Fiume nella prima metà del Novecento fu un laboratorio di intensa attività politica e oggetto di numerosi e radicali mutamenti a livello sociale e istituzionale.
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Dopo essere stata modello di autonomismo sotto l'Austria-Ungheria, Fiume divenne con D'Annunzio simbolo della passione nazionale, per poi trasformarsi in "città di vita" nell'ambito di un progetto libertario, sindacalista e rivoluzionario che prese forma lirica e politica nella Carta del Carnaro. Diventata Stato Lìbero dopo il "Natale dì Sangue", fu annessa nel 1924 all'Italia e italiana rimase fino alla seconda guerra mondiale. In questo volume Fiume viene presentata sotto una forma originale. Nella complessità di una città contesa dai nazionalismi, questa ricerca evidenzia la situazione sociale ed economica dei fiumani nei cinquantanni più drammatici della loro storia: dal benessere del periodo ungherese al blocco economico durante la presenza di DAnnunzio; dalle speranze suscitate dall'annessione all'Italia alla marginalità che contraddistinse buona parte del periodo italiano. Una storia di crisi economiche, di agitazioni sociali e di insperati sviluppi che sì intreccia con i controversi problemi del Novecento.