Lo chiamavano «aviatore», Gilles Villeneuve, perché passava più tempo in cielo che a terra.
Il piccolo aviatore racconta la sua vita e i suoi voli. Gli esordi sulla neve, le vittorie in Formula Atlantic. L'approdo in Ferrari, voluto dal Drake contro tutti: lui, uno sconosciuto, chiamato a sostituire Lauda.
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A quello sconosciuto, a quell'aviatore, Enzo Ferrari vorrà bene come a un figlio. Il rapporto con Joann, con i figli. I testacoda, gli errori voluti. La scelta di non maturare, di rinunciare alla razionalità, per fedeltà insondabile a se stesso.
Le vittorie, mai tantissime. L'inguaribile tristezza sul podio. La sua purezza. L'identificazione oggi impensabile della gente, che lo amerà – e lo ama – come nessun altro. Una vita vissuta con l'acceleratore saldato a terra, come se lo sapesse, l'avesse sempre saputo, che per lui il tempo era già in scadenza.
Poi, la fine. Il tradimento di Imola, tredici giorni prima di morire. Una Formula 1 ridotta a mattanza, dove i piloti erano martiri e comparse. La disillusione delle ultime ore, il presagio della fine. L'ultimo volo a Zolder, senza aereo né armatura.
Se n'è andato guardando le stelle, Villeneuve. Se n'è andato chiudendo un'epoca, Villeneuve.
Andrea Scanzi, nato ad Arezzo, si è laureato in lettere con una tesi su De André e i cantautori. Scrive per «il manifesto», «il Riformista», «Il Mucchio Selvaggio» e «Il Mucchio Extra». Ha collaborato a «Rigore» e «Storie di Calcio». Con Enrico Mattesini ha scritto i testi dell'autobiografia di Roberto Baggio, Una porta nel cielo (Limina 2001) e il suo aggiornamento, Il sogno dopo. Il soprannome, «Rui», è perché ama il Portogallo. Crede nelle volèe di Edberg, nell'estetica di Van Basten e in Muhammad Ali. Quando l'Aviatore se n'è andato, aveva otto anni da due giorni.